Eravamo molto giovani, ci piaceva scoprire posti nuovi e poco conosciuti e adoravamo mangiare. Ecco cosa ci ha portato fino a Badia Tedalda.
Era la primavera del 1993 quando, leggendo una nota rivista di viaggi e cultura (Bellitalia), ci trovammo a sfogliare un libricino allegato: “100 RISTORANTI DI CAMPAGNA”. Questo piccolo opuscolo dettagliava le caratteristiche di tanti ristoranti sparsi nelle varie regioni e ne descriveva l’ambiente e le peculiarietà della cucina. Dopo tanto leggere, uno in particolare catturò la nostra attenzione: “L’ERBHOSTERIA”, a Badia Tedalda (Ar), località “Rofelle”, la cui cucina era caratterizzata dall’uso di erbe e fiori di stagione. Era assolutamente da provare… e al più presto!
Certo da Roma non era proprio una passeggiata, ma i chilometri non ci spaventavano e la prima domenica di maggio del 1993 io e Marcello partimmo di buon ora alla scoperta di questa zona della Toscana a noi sconosciuta.
Allora i navigatori non esistevano, ma cartina alla mano, arrivammo con la E45 fino a Sansepolcro e, seguendo le indicazioni, iniziammo a salire con la bellissima statale “Marecchiese” fino al Valico di Viamaggio, per poi arrivare, finalmente, al piccolo paesino di Badia Teldalda. Il cartello con la scritta “Rofelle” ci si presentò davanti e lo seguimmo senza esitare. La strada era più stetta della statale di poco prima, ma il panorama non era da meno. Prima scendeva fino ad un torrente (che poi scoprimmo essere il “Marecchia“) e poi risaliva tra morbide colline, campi arati e pascoli verdi. Pochi chilometri e ci trovammo alla meta: un ristorante immerso nel verde, circondato da poche case di pietra: “L’ERBHOSTERIA”.

Avendo prenotato, sapevamo che il pranzo era previsto alle 13, c’era quindi tutto il tempo di fare una bella passeggiata, come ci fu consigliato dal proprietario appena conosciuto, Pierinaldo, una persona che ci ispirò subito simpatia.
La giornata era bellissima, il cielo turchese e il profumo dell’aria ci colpì. La strada proseguiva in salita e ogni 200 metri si diramava in stradine più piccole che conducevano a piccoli borghi di poche case in pietra. Cammina, cammina… la fame si fece sentire. Era quasi l’una! Tornammo subito al ristorante, giusto in tempo per sederci a tavola, dove ci aspettava già un bel piatto di crostini con al centro un bocconcino di ricotta sormontata da un fiorellino viola. Che meraviglia!
Non staremo qui a descrivere le portate successive; tante e una più buona dell’altra! Questo posto ci aveva già catturato e di ritorno a Roma ne parlammo subito con mio fratello Fabrizio, che, incuriosito dai nostri racconti, si “prenotò” per la prossima spedizione che non tardò ad arrivare: ultima domenica di maggio. Altra giornata bellissima, più tiepida della volta precedente e con una passeggiata più lunga. Su indicazione di Pierinaldo, che ormai ci sembrava uno nostro vecchio amico, seguimmo la strada fino alla fine. Camminammo circa 3/4 km fino ad arrivare ad un paesino arroccato, allora abitato da una sola persona, Montebotolino, un borgo di poche case di pietra costruite ai limiti di uno strapiombo mozzafiato! Una vista unica! Ma l’una non tardò ad arrivare ed anche questo secondo pranzo fu un grande successo. Mio fratello era in estasi.
Ci credete che dopo due settimane eravamo di nuovo lì? Sempre io, Marcello e mio fratello Fabrizio, ma questa volta ci fermammo due notti, avendo scoperto che Pierinaldo aveva nel suo locale anche alcune camere a disposizione. Metà giugno, periodo ideale per le passeggiate sui sentieri ancora freschi e verdi. Ed ecco arrivare la stravagante proposta di Pierinaldo: “Ma visto che questi posti vi piacciono tanto, perchè non vi comprate una casa? Ne vendono una poco lontano da qui!”.
Comprare una casa??? Io avevo 25 anni, Marcello qualcuno più di me, lavoravamo da pochi anni tutti e due e stavamo ancora a casa con le nostre famiglie. Un progetto di vita insieme già c’era, eravamo fidanzati da qualche anno, ma ancora non si parlava nè di matrimonio, nè di convivenza.

Escludemmo l’ipotesi dell’acquisto, ma la curiosità ci portò ad andare a dare un’occhiata a questa casa in vendita.
La casa non era abitata da diversi anni, ma vista da fuori sembrava in buone condizioni. Le imponenti pareti di pietra erano bellissime. Era l’ultima casa di uno di quei borghetti visti da lontano il mese prima; davanti aveva una veduta sulla valle sottostante che risaliva poi sino alla maestosa Alpe della Luna.
Bella, sì… ma a noi non interessava… la nostra era stata solo curiosità… eravamo troppo giovani per comprare una “seconda casa” visto che non avevamo ancora la prima!
Ma il tarlo di quella casa, non vista all’interno, ci attanagliò per i due mesi successivi. Passammo il mese di agosto pensando ai pro e contro dell’eventuale acquisto. Non volevamo diventare schiavi di quel posto, nel quale poi ci saremmo sentiti “costretti” ad andare. Però avremmo potuto, perlomeno, vederla all’interno… questo si poteva fare… solo per curiosità.
Detto, fatto! Primo fine settimana di settembre, dopo aver contattato il proprietrio, eccoci di fronte a quella porta, con il giusto distacco, tanto era solo per curiosità…
Ora salterò una parte del racconto, poco significativo (una seconda visita e un po’ di trattativa sul prezzo), per arrivare al 12 ottobre 1993: STIPULA DELL’ATTO DI ACQUISTO!!! Stavamo comprando una casa… noi… arrivati in quelle zone per caso… per andare a gustare un pranzo speciale e che dopo 26 anni continua ad esserlo. Cosa sia successo in questi 26 anni sarebbe troppo lungo da raccondare; solo pochi particolari: l’anno seguente abbiamo fatto sistemare parte del tetto, dopo due anni ci siamo sposati, poi è nato il primo figlio, l’anno successivo abbiamo fatto qualche altro lavoretto di ristrutturazione (non avevamo ancora l’acqua calda e con un bambino piccolo era necessaria), nel 2000 è nato il secondo figlio e… tanto altro ancora.
Quante volte io e Marcello abbiamo ripensato a quel giorno in cui Pierinaldo ci indicò da lontano “quella casa in vendita”; quanti sacrifici fatti per farci rientrare tutto; quanta soddisfazione e quanto impegno abbiamo messo in questi anni di duro lavoro, ma ne siamo felici e orgogliosi. Senza Rofelle non si può proprio stare, fa parte di noi. Ora i nostri figli, Matteo e Davide, hanno rispettivamente 21 e 18 anni e dopo un periodo di “rifiuto” (dai 13/14 anni in poi non è facile portarseli dietro!), ora stanno vivendo la fase di “riavvicinamento” e riapprezzano quel posto che da piccoli hanno tanto amato e che ha fatto tanto bene alla loro salute, grazie a quell’aria sana che ripuliva i loro polmoni dall’inquinamento cittadino.
Ora apprezzano anche loro quella casa, nostra per caso.
Per ora il nostro racconto si ferma, ma la storia potrebbe proseguire in una seconda puntata…
Silvia Baldoni
Marcello Cavina