Il progetto di una mostra per la conservazione e valorizzazione del territorio lungo la via Ariminensis
L’idea di una valorizzazione del percorso che da Arezzo giunge sino a Rimini, o che da Rimini, risalendo l’Alpe della Luna attraversa la valle del Tevere sino a giungere ad Arezzo, da lungo tempo è stata auspicata da Enti locali, studiosi ed amanti del paesaggio.

Dopo la mia pubblicazione sulle Fortificazioni nel Comune di Badia Tedalda (2013), è sorta l’idea di uno studio delle fortificazioni medioevali che seguisse il filo rosso lungo l’antica via tra Arretium ed Ariminum, l’importante percorso, sebbene non una strada consolare, che univa il mare all’entroterra o che permetteva, viceversa, una facile comunicazione dall’entroterra al mare. Fulcro delle attività del progetto e della mostra, la sede del recente museo gestito dalla Pro Loco di Badia Tedalda.
Il progetto è quello di un’installazione che possa far comprendere il valore storico del percorso attraverso tavole illustrative delle numerose fortificazioni medioevali che, su presupposti storici, si svilupparono da Arezzo all’Adriatico e di cui oggi costituiscono il fiore all’occhiello dello straordinario percorso viario. Dalle tavole e dall’illustrazione delle idee alla pubblicazione di un volume dedicato, il passo è breve.
Il percorso piuttosto lineare e forzato dalle condizioni geomorfologiche della valle scavata dall’Ariminum-Marecchia, si snoda sfruttando antiche direttrici che si diramano soprattutto dall’area nord-orientale di Arezzo. E’ un percorso che offre numerosi elementi di studio e di interesse dalla geologia, dalla storia antica a quella medioevale per giungere agli eventi dell’ultimo conflitto mondiale le cui tracce stanno emergendo sempre di più grazie all’interesse di qualificati appassionati. Ma sol che si percorra il tratto ascendente dell’Alpe e poi la lunga valle del Marecchia, non si può non essere attratti dalle formazioni rocciose messe a nudo dalle frane, dai pinnacoli stratificati privi di vegetazione e dalle numerose fortificazioni, per lo più medioevali, che rifiniscono i picchi aguzzi che si aprono ai lati del percorso sino all’ampio greto del fiume. Un paesaggio certamente conosciuto ma non sufficientemente apprezzato e valutato.
Ed è soprattutto lungo questa direttrice, che taglia e percorre la valle del Tevere e quella del Marecchia sino all’Adriatico, che si fanno ancora più vere le parole di Piero Gazzola. Egli scriveva che “più di ogni altro monumento il castello si lega al suolo per il materiale di cui è costituito e si incorpora al paesaggio, alla natura che lo circonda, sia che dovesse emergere dall’ambiente circostante sia che dovesse mimetizzarsi in esso […] al punto da sembrare l’espressione concreta di forze congenite della natura”.
Pertanto, ecco il leitmotiv del progetto, la fortificazione è l’elemento che caratterizza il paesaggio, che modifica ed adatta la propria funzione nel corso del tempo depositando sul fondo, come fasi stratigrafiche ancora leggibili, i sedimenti di un lungo percorso socio-culturale che si cristallizza nella storia.

Le direttrici viarie, formatesi e consolidatesi attraverso la frequentazione nel corso dei secoli, seguono principalmente il suggerimento della natura, gli spunti offerti dalla tipologia della roccia, i guadi naturali ed il greto dei fiumi.
Inevitabilmente le direttrici viarie permettevano, da tempo, un agile transito di persone e merci; scambi culturali e commerciali: reperti e stazioni produttive, centri abitati e fortificati sono un evidente segno di antropizzazione stratificata che caratterizzano il paesaggio del Marecchia. Castelli, fortificazioni e postazioni difensive per il controllo del territorio, in molti casi oggi ruderi mangiati dalla vegetazione, sono testimonianze silenti di questo passato.

Una direttrice da Arezzo toccava l’importante fortificazione di Pietramala ed altre minori prima di giungere ad Anghiari ed al Tevere; da Arezzo un’ulteriore direttrice lambendo il castello di Montauto e Ponte alla Piera tra i Monti Rognosi, raggiungeva la piana del Tevere presso Sigliano ed il maestoso ponte Romano. I percorsi si inerpicavano per raggiungere la cresta dell’Alpe e, dunque, ai piedi della Abbazia di San Michele dei Tedaldi, presso Ranco, confluivano sia la via discendente da Viamaggio, la Via Maior, sia il troncone che da Pieve Santo Stefano passava l’Alpe da Frassineto a bassa quota.
Lungo la vallata il percorso seguiva il Marecchia lasciandosi alle spalle le realtà storiche di Arezzo e dei Tarlati, giunti sino a Miratoio, attraversando il territorio del Montefeltro toccando prima Bascio, di cui rimangono l’alta torre e le opere difensive in terra e Cicognaia, sede di fortificazione dotata di torre circolare ancora ben conservata. Lungo la strada del Marecchia altre fortificazioni oggi caratterizzano il territorio congiungendo realtà, politiche e vicende medioevali lontane ma simili tra loro.

Sulla destra della strada, Pennabilli, arroccata sulla “pinna” di una roccia dominante la vallata, Maioletto, sulla cima di un masso scosceso, San Leo, impendibile da ogni lato, e Pietracuta, il cui nome è eloquente, fanno da riflesso alle fortificazioni della riva opposta come Secchiano, sede del noto Signore Galasso, conosciuto –a torto o a diritto- come l “impalatore”, Uffogliano e Saiano le cui radici sono bagnate dal greto del Marecchia, in quel punto largo e veloce.
Verrucchio e Torriana preludono alla foce presso Rimini prima di lambire la Tumba di S. Ermete, caratteristico ricetto abitativo, fortificato, romagnolo.

Varietà di forme architettoniche ed adattamenti al territorio che rispondono al mutare degli eventi storici e al mutare delle condizioni politiche oltreché al mutare delle tecniche di difesa e di architettura difensiva offrono al visitatore, attento, uno spaccato ed un paesaggio storico unico concentrato in pochi chilometri di strada.
Simone De Fraja