Parla con me e mi guarda dritto negli occhi con uno sguardo che è un misto di timidezza ed energia. Intanto le sue mani sembrano vivere di vita autonoma mentre fanno scivolare il filo di lana tra le dita ed i ferri da maglia.
Le sue mani sono una storia dove forse la lana è tra le cose più morbide che hanno toccato, insieme al calore e alla dolcezza dei suoi bambini di un tempo. Queste mani che hanno lavorato l’orto, impastato e “stigliato” pasta fresca per tagliatelle e ravioli, lavato e stirato, e che sono ancora inarrestabili.
Le chiedo come fa a lavorare senza guardare e con naturalezza mi risponde che è facile, che da sempre ha fatto maglie pesanti, calze invernali buone per gli scarponi , e tutto quanto utile ma più ancora necessario per proteggere dai freddi inverni dell’Appennino.

Racconta che tanto lavoro veniva fatto quando le donne, spesso ancora bambine, stavano a “parare” le pecore al pascolo e durante le serate trascorse “a veglia” in compagnia, dove trovavano spazio lo scambio di consigli e indicazioni da parte delle più esperte. La filiera della lana era a… km 0: lavaggio delle pecore nei gorghi, tosatura, lavaggio della lana e filatura. E poi al lavoro con la lana naturale; principalmente erano calze da uomo, utilizzate indistintamente in tutte le stagioni, fino ad arrivare alle maglie senza maniche che venivano indossate in estate durante il lavoro nei campi. Queste consuetudini hanno costruito in tempi non troppo lontani, un tratto dell’identità del lavoro femminile sulle nostre montagne. A cavallo degli anni ’70 poi, il fare maglioni a mano era diventato un vero e proprio lavoro: molte donne, mettendo a frutto la loro conoscenza e la loro capacità, lavoravano a domicilio maglioni alla moda, per conto terzi. Forse è per questo che in una comunità piccola come quella di Badia Tedalda è cresciuto il seme di A Mano Libera, seme che ha trovato terreno fertile perché lavorato da tutte quelle mani che hanno imparato a fare la maglia senza guardare, un fare che liberava i pensieri legato da un sentire comune.

Dalle mani delle donne di A Mano Libera, quando si tratta di maglia nascono delle vere proprie opere d’arte, lavorazioni complesse che solo loro, guardando, sanno interpretare e riprodurre.
La maglia è diventata poi, probabilmente per passione, anche l’ uncinetto, il macramè, il ricamo e tutte quelle arti deputate per lo più a scopi decorativi come tende, tovaglie, vestitini, centri, lenzuola, “trine” che facevano belle anche le case più povere. E il saper fare unito alla passione, si respiravano nelle serate che abbiamo trascorso insieme alla Pro Loco in cui il tempo, sospeso per tutte dal dovere del vivere, non era mai sufficiente ad esaurire le curiosità, chiedere un consiglio, imparare un trucco nuovo nel fare e disfare fili colorati.
Quelle serate che ormai da più di anno ci mancano, e nell’ attesa, acchiappiamo al volo le nuove iniziative che si conciliano con il nostro impegno verso le donne vittime di violenza. Speriamo che il tempo di qualche telefonata o messaggio su WhatsApp scivoli verso la fine mentre io continuo a pensare a quelle mani che lavorano da sole, mentre il pensiero segue libero altri sentieri.
* Ringrazio di cuore le donne di A Mano Libera che con i loro racconti hanno permesso questo scritto.
Testo e foto: Rosanna Borelli